SESSUALITÀ
La sessualità e la tutela della salute sessuale rappresentano una delle componenti fondamentali nella vita di un individuo e i determinanti che li caratterizzano sono sfaccettati, complessi e correlati tra loro (1). I principali fattori che devono essere considerati nella gestione delle complicanze sessuali in una donna con MGF sono:
- I fattori neurofisiologici
- I fattori relazionali
- Fattori cognitivi (miti, false credenze, esperienze, ricordi legati alle MGF)
- Fattori e contesto socioculturale (genere e identità sociale, norme sociali e culturali, esperienze durante le migrazioni, altri eventi traumatici)
- Fattori biologici anatomici (tipo e modalità di esecuzione delle MGF, asportazione (o meno) del clitoride, complicanze legate alle MGF)
- Fattori biochimici (2)
Il contesto culturale in cui la donna vive, o ha vissuto, può modificare l’attribuzione di significato alla pratica della mutilazione. Il ruolo della MGF è vario e assume molti significati diversi a seconda della cultura di origine (rito di passaggio all’età adulta, garanzia di un buon matrimonio, standard igienici ed estetici, controllo della sessualità femminile…). Quando questi significati sono percepiti positivamente all’interno della comunità, l’esperienza del piacere sessuale e dell’orgasmo nelle donne vittime di MGF è presente in alta percentuale, come dimostrato da alcuni studi.
Ciò dimostra il fatto che, sebbene esista certamente una correlazione direttamente proporzionale tra l’entità del danno organico (in base al tipo di MGF) e la soddisfazione sessuale (intesa come percezione del piacere sessuale e raggiungimento dell’orgasmo), la mera classificazione del tipo di mutilazione non è sufficiente a comprendere e approfondire la condizione assoluta della paziente.
In generale, le donne con MGF lieve o che, in ogni caso, hanno avuto l’esperienza dell’escissione in modo positivo e anzi funzionale per lo sviluppo della maturità individuale e sessuale, si percepiscono come sane, ed è così che il personale sanitario dedicato alle loro cure dovrebbe percepirle ( 3).
Un secondo fattore determinante è il contesto: le donne che provengono da paesi con una tradizione di taglio spesso diventano consapevoli del fatto che le MGF avrebbero potuto avere un impatto negativo sulla loro vita solo attraverso il confronto con la cultura occidentale che non solo condanna la pratica, ma è anche in netto contrasto con il tema, spesso privo di sensibilità e comprensione. Il risultato a volte è l’opposto di quello desiderato: attraverso il processo di consapevolezza della pratica, la donna può sperimentare un peggioramento della visione di sé (immagine di sé-corpo) con conseguente abbassamento dell’autostima sessuale. (4)
Nella pratica clinica l’obiettivo deve essere sempre quello di migliorare la condizione di partenza del paziente; da questo punto di vista è opportuno concedersi le doverose riflessioni sul miglior metodo comunicativo, evitando di problematizzare necessariamente il fenomeno e/o di medicalizzarlo eccessivamente.
ASSISTENZA ALLA DONNA PORTATRICE DI MGF
Il primo contatto con la donna vittima di Mutilazione Genitale Femminile (MGF) è fondamentale e decisivo per un’adeguata cura della paziente. Le occasioni in cui il personale sanitario può entrare in contatto con una donna con MGF sono diverse e spesso legate a un tipo di accesso urgente al Pronto Soccorso o alla sala di consulenza. Le problematiche che vengono trattate non sempre sono associate a implicazioni strettamente legate alla mutilazione genitale femminile (anomalie emorragiche in gravidanza, aborto spontaneo, infezioni vulvovaginali, ecc.). In altri casi e più raramente, l’accesso può essere specificamente collegato a una consultazione per le complicanze delle MGF o a visite preventive ordinarie (pap test, controllo ginecologico, ecc.).
Nella maggior parte dei casi, tuttavia, i pazienti accedono per:
- Visite di controllo in gravidanza
- Richiesta di contraccezione
- Richiesta di interruzione volontaria di gravidanza
Proprio perché è meno frequente e più difficile coinvolgere questa utenza negli interventi di prevenzione e informazione, è fondamentale riuscire a cogliere il primo accesso a uno di questi servizi citati per avvicinarsi al tema delle MGF.
A complicare la gestione della donna escissa è la difficoltà a riconoscere, da un punto di vista clinico, la mutilazione e a saperla classificare, soprattutto se si tratta di una mutilazione di tipo 1 o 2 (escissione del clitoride, del cappuccio clitorideo e delle piccole labbra), sia nella donna che nella ragazza.
Elemento fondamentale nell’approccio alla donna portatrice di MGF è l’utilizzo di un metodo di comunicazione che trasmetta accettazione, empatia, dialogo aperto e non stigmatizzante e che non faccia sentire la donna condannata, vittimizzata o umiliata. (5)
Partendo dalla necessità di considerare il fenomeno delle MGF e le donne che ne sono portatrici, è utile definire due obiettivi di welfare:
- Prendere in carico e curare dal punto di vista medico, chirurgico, psicologico, sessuologico, le donne che hanno già subito la mutilazione e che ne denunciano le conseguenze;
- Prendere in carico coloro che, anche se hanno subito mutilazioni, non hanno disturbi sessuali e necessitano quindi di una consulenza adeguata volta a garantire la salute sessuale (consulenza sulla contraccezione, adesione a programmi di screening, educazione all’igiene mestruale ecc.). (6)
Per quanto riguarda la gestione delle donne che segnalano danni legati alle MGF, è necessario sottolineare un punto. Nonostante l’opinione comune che la pratica del taglio sia la causa incontrovertibile di danni permanenti e irreversibili, soprattutto per quanto riguarda la sfera sessuale, la letteratura sul piacere sessuale e l’orgasmo in realtà confuta questo stesso pensiero. Non ci sono prove a sostegno della tesi secondo cui “le MGF distruggono inequivocabilmente il piacere sessuale”, così come non sono state osservate differenze significative nella percezione dell’orgasmo tra le donne con MGF e le donne senza (7). Inoltre, è stata verificata la bassa incidenza di conseguenze negative sul desiderio, sul piacere e sul raggiungimento dell’orgasmo nelle donne con MGF, in assenza di complicanze e con consapevolezza e accettazione dell’escissione subita. (8)
Da un punto di vista anatomico, nelle mutilazioni di tipo I e II, dove l’escissione coinvolge il prepuzio, il clitoride e le piccole labbra, spesso l’unica porzione del clitoride rimossa è quella del glande, per cui tutte le restanti componenti erettili, come le radici clitoridee e i crura, rimangono intatte. Le strutture erettili dei bulbi del vestibolo e di quelli peri-uretrali rimangono intatte e per questo vi è la possibilità, in caso di disfunzione sessuale, di riabilitare la donna ad una vita sessuale completa e soddisfacente. (3)
Ogni volta che emerge una disfunzione sessuale, indipendentemente da quale possa essere il fattore scatenante (anatomico, funzionale, relazionale, psicologico) è necessario indagare alcuni punti e, se necessario, iniziare una terapia psicosessuale di supporto. Alcune delle implicazioni psicologiche che possiamo trovare nelle donne escisse sono:
- Conflitto culturale
- Stigmatizzazione delle donne con MGF (soprattutto in un contesto in cui le campagne mediatiche, sanitarie e di sensibilizzazione investono molto sul tema delle mutilazioni)
- Aspettative negative sulla sessualità (paura di essere diversi, di non provare piacere, distruzione dell’immagine corporea)
- Non accettazione sociale (maggiore condivisione e/o contrasto con la cultura occidentale, come, ad esempio, nel caso in cui il partner abbia origini in paesi senza tradizione di taglio) (2)
Per quanto riguarda i trattamenti codificati per la gestione dei disturbi sessuali femminili, essi comprendono terapie ormonali esogene, farmaci attivi del sistema nervoso centrale (SNC) e terapia psicologica.
Altri strumenti che si sono rivelati significativi nel trattamento dei disturbi sessuali sono i dispositivi sessuali (sex toys), sia in termini di masturbazione che di attività sessuale di coppia, funzionali ad aumentare la probabilità di orgasmo e a ridurre la latenza temporale dell’orgasmo stesso. (9)
I dispositivi sessuali, inclusi vibratori, dispositivi penetranti vaginali e/o anali, pulsatori del clitoride, condividono un meccanismo d’azione simile, fornendo stimolazione attraverso vibrazioni, pulsazioni e penetrazione agendo su diverse aree erogene (ano, vagina, clitoride, perineo, capezzoli). L’obiettivo dei dispositivi sessuali è quello di migliorare, accelerare e/o prolungare qualsiasi fase della risposta sessuale e per questo motivo vengono utilizzati a scopo terapeutico su alcuni pazienti. Questi pazienti includono quelli con ridotta libido, anorgasmia o condizioni che inibiscono la penetrazione vaginale (dispareunia, vulvodinia, dolore pelvico cronico, funzione sessuale o disturbi del pavimento pelvico, disfunzione erettile del partner, ecc.). Anche le donne in gravidanza, prima e dopo il parto, sono candidate all’uso di questi dispositivi, così come le donne in menopausa, con disabilità o patologie croniche.
Al fine di garantire una buona aderenza alla terapia, è essenziale fornire informazioni adeguate sull’uso, la pulizia e la conservazione dei giocattoli sessuali. (10)
Un altro valido strumento di supporto per la consulenza e la cura delle donne con MGF è l’uso di immagini e fotografie che ritraggono genitali diversi e sottolineano la varietà anatomica che vede le dimensioni e le forme delle piccole labbra, delle grandi labbra e di clitoridi molto diversi. Questi supporti, come la piattaforma online “The labia library”, creata dalla non-profit Australian Foundation “Women’ s health Victoria”, consentono agli operatori sanitari di ridefinire il significato della fisiologia genitale lontano dal mero parametro estetico intriso di presenza sociale, culturale e religiosa in ogni area geografica in un dato contesto storico.
Avendo un feedback diretto sulla moltitudine di diverse vulve che possono esistere, è più facile per le pazienti e i loro partner comprendere, accettare e normalizzare le mutilazioni genitali femminili.
Considerata la complessità della risposta assistenziale, l’unico modello in grado di fornirne uno adeguato è quello multidisciplinare e multiprofessionale che garantisca, possibilmente in un unico centro, la valutazione e la gestione del paziente sotto ogni punto di vista (medico, chirurgico, psicologico, di mediazione culturale, riabilitativa, sessuologica, ecc.). Tale modello consente di effettuare valutazioni anche in relazione a diversi servizi presenti sul territorio: punti nascita ospedalieri, consulenti (screening, contraccezione, IVG, gravidanza, puerperio), pediatri e medici di medicina generale.
FOCUS ON: LA paziente IN gravidanza con infibulazione
Spesso le portatrici di MGF non credono che questa condizione possa influenzare negativamente o addirittura compromettere il parto spontaneo.
Il focus dell’assistenza alle donne in gravidanza con MGF si basa sulla prevenzione delle complicanze dell’escissione che possono insorgere al momento del parto, proteggendo così la salute della donna e del nascituro. (11)
Sebbene non tutti i tipi di MGF comportino complicazioni nel parto, va notato che potrebbe esserci un aumento di lacerazioni gravi, casi di emorragia post-partum, travaglio prolungato e sofferenza fetale (Tabella 1). (12)
RISCHI OSTETRICI | DETTAGLI |
Taglio cesareo | Aumento dell’incidenza del taglio cesareo e delle complicanze chirurgiche associate |
Emorragia post partum | Perdita di sangue dopo il parto maggiore o uguale a 500 ml |
Episiotomia | Eseguito per ridurre il rischio di gravi lacerazioni spontanee |
Lacerazioni ostetriche | Il tessuto cicatriziale residuo dall’escissione può aumentare il rischio di gravi lacerazioni, rendendo il tessuto meno elastico |
Lavoro difficile o distocico | La presenza di infibulazione può inibire la progressione del neonato |
Ricovero materno prolungato | Se sono presenti lacerazioni gravi o taglio cesareo |
Morte perinatale/rianimazione neonatale al parto | Il travaglio prolungato può causare disagio fetale |
In particolare, nelle donne con MGF di tipo 3 (infibulazione), la prevenzione gioca un ruolo fondamentale in queste situazioni, per le quali è necessario instaurare un rapporto di fiducia con la paziente durante tutta la gravidanza al fine di poter affrontare alcune criticità:
- I tempi e le modalità della defibulazione in vista del parto, specificando i fattori di rischio e i benefici derivanti dall’intervento
- L’impossibilità per la legge italiana (Legge Consolo n.7/2006) di procedere alla re-infibulazione dopo la nascita e, allo stesso modo, di effettuare una modificazione genitale (MGF) sul neonato nel caso in cui sia femmina.
Inoltre, durante gli accertamenti sanitari, in presenza di infibulazione, va sempre proposta e discussa con la paziente la possibilità di effettuare un parto vaginale, specificando e tenendo conto del fatto che nel periodo espulsivo potrebbe esserci una minore competenza perineale e che potrebbe essere necessario ricorrere alla de-infibulazione durante il travaglio o, talvolta, all’episiotomia per evitare gravi lacerazioni e facilitare il parto.
Per quanto riguarda le donne con mutilazione di tipo 3 (infibulazione), è necessario scegliere la tempistica per l’intervento chirurgico di de-infibulazione e questo può dipendere da ragioni cliniche, fattori culturali e motivazioni psicologiche. (13)
In generale, la letteratura e l’esperienza concordano sul fatto che i migliori risultati si ottengono quando la defibulazione viene eseguita prima del parto in quanto riduce il rischio di complicanze alla nascita legate a un canale vaginale ristretto. In particolare, il Royal College of Obstetricians and Gynecologists (RCOG) raccomanda la deinfibulazione nel periodo preconcezionale o durante il travaglio, così come l’OMS. La Società Svizzera di Ginacologia e Ostetricia raccomanda questo intervento durante il travaglio e la gravidanza solo se le visite ginecologiche non possono essere eseguite, mentre le Linee Guida italiane raccomandano la defibulazione entro il primo trimestre di gravidanza o prima del parto in caso di primo accesso tardivo (14).
Indipendentemente dal parere delle società scientifiche, è necessario considerare alcuni fattori fondamentali per decidere i tempi della circoncisione femminile, tra cui:
- Preferenza della donna
- Accesso alle strutture sanitarie: in contesti in cui le donne possono incontrare ritardi involontari nel raggiungere le strutture sanitarie (es. donna single, senza auto, caregiver, barriera linguistica, ecc.), la defibulazione dovrebbe essere garantita prima del parto, in modo da programmarla ed evitare così eventi di emergenza.
- Luogo di consegna: è importante garantire la defibulazione antepartum soprattutto quando il parto è pianificato a casa.
- Livello di competenza dell’operatore sanitario: se all’interno della struttura non sono presenti risorse sufficientemente formate per l’intervento e la gestione della defibulazione, è preferibile effettuare un intervento antepartum. (15)
Dopo la deinfibulazione cambia l’aspetto dei genitali, così come alcune delle attività fisiologiche più quotidiane come la minzione o le mestruazioni: è importante affrontare il soggetto prima dell’intervento, indagando anche la reazione delle persone intorno alla donna (partner, madre, suocera… ) assicurandosi che la gestione dell’intervento sia chiara.
Questi problemi devono essere affrontati gradualmente e, se possibile, coinvolgere il partner o la famiglia, al fine di sensibilizzare il più possibile sulle MGF e consentire alla donna di essere circondata da persone che la sostengono e non la stigmatizzano per le sue decisioni. Va considerato, inoltre, che il periodo prenatale rappresenta spesso il primo contatto con il servizio sanitario da parte della donna e/o della coppia.
Tutti gli incontri con la donna o la coppia devono essere accompagnati dalla presenza di un mediatore culturale, soprattutto nei casi in cui sia necessario dare il consenso informato. (16)
Esistono diverse procedure che complicano la gestione delle donne con infibulazione, soprattutto durante il travaglio:
- Esame vaginale e speculare
- Induzione del travaglio che, se necessario, deve essere eseguita solo dopo la defibulazione
- Valutazione della fase del travaglio, per la quale a volte può essere necessaria una visita rettale
- Catetere
L’intervento di defibulazione viene eseguito in anestesia locale (o sfruttando l’anestesia epidurale eseguita durante il travaglio) con forbici per episiotomia o bisturi, dal basso verso l’alto, lungo la linea mediana della cicatrice fino al meato uretrale, cercando di localizzarla ed eventualmente procedendo alla cateterizzazione per evitare di intaccarla involontariamente.
Quando l’intervento viene eseguito durante il travaglio, di solito viene eseguito nella seconda fase, quando la parte emersa progredisce.
La sutura di chiusura delle grandi labbra viene eseguita alla fine del terzo stadio, dopo la nascita e l’espulsione della placenta. (17)
Uno dei rischi più comuni è che durante il parto si verifichino gravi lacerazioni vaginali/uretrali, per le quali può essere necessario, al fine di prevenirle, praticare un’episiotomia medio-laterale. Più raramente è necessario ricorrere ad episiotomie bilaterali o mediane, a causa di un maggior rischio di incontinenza e/o fistole anorettali.
Le aderenze e il tessuto cicatriziale intorno al canale vaginale causano una riduzione del grado di distensione del perineo. Nel caso in cui siano presenti aderenze, è necessario dividerle e, successivamente, valutare la possibilità di praticare o meno un’episiotomia. (18)
Uno degli aspetti meno considerati e più spesso sottovalutati è la codifica omogenea del modulo di dimissione ospedaliera dopo i ricoveri.
Affinché il fenomeno delle mutilazioni emerga e i dati siano significativi, è essenziale che vengano utilizzati codici diagnostici condivisi e che si riferiscano inequivocabilmente al tipo di MGF in questione.
MGF e puerperio
Durante il puerperio, l’assistenza della donna deve essere garantita attraverso un follow-up settimanale, eventualmente attraverso l’assistenza domiciliare. Questa attenzione è necessaria per moderare i rischi più ricorrenti dopo l’intervento chirurgico di defibulazione, come quelli legati alle infezioni del tratto urinario.
Il personale sanitario coinvolto nel supporto di questi pazienti e dei loro figli ricopre una posizione fondamentale per quanto riguarda la consulenza: il periodo post partum è infatti ottimale per approfondire l’esperienza di escissione della donna, cercando di comprendere i desideri materni e le dinamiche culturali e familiari.
Il supporto di personale specializzato assume ulteriore importanza nel caso in cui il neonato sia femmina al fine di sensibilizzare e informare la madre sulle principali nozioni funzionali e anatomiche dei genitali in modo da poter, eventualmente, prendere una decisione più consapevole sulla procedura di escissione.
Un aspetto fondamentale dell’assistenza post partum riguarda anche il sostegno rispetto alla percezione del proprio corpo e dei propri genitali, sia dal punto di vista estetico che fisiologico. Oltre a questo, un passo fondamentale è rappresentato dal tentativo di sfatare falsi miti e discutere delle paure e delle insicurezze delle donne.
Infine, va sempre tenuta presente un’ultima considerazione: la paziente non è solo una donna deinfibolata o mutilata ma, in questo contesto, va innanzitutto considerata la sua condizione nel puerperio e le esigenze che ne derivano, come la valutazione del pavimento pelvico per eventuali incontinenze o disfunzioni, la valutazione dell’allattamento, della contraccezione, della salute sessuale ecc… . Anche in questo processo è fondamentale coinvolgere il partner o la famiglia e prevedere la presenza di un mediatore culturale. (15)
In conclusione, la presa in carico della donna vittima di MGF presuppone un approccio multidisciplinare e una stretta collaborazione tra diverse figure di mediazione medica, ostetrica, infermieristica, psicologica e interculturale.
La formazione del personale sanitario è fondamentale per garantire livelli soddisfacenti in ciascuna delle aree di interesse, siano esse di pertinenza ospedaliera o del territorio.