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Volume 4, Issue 1
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RIPARAZIONE CHIRURGICA DELLE MGF

Luca Bello
DOI: https://doi.org/10.36158/97888929575032
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Abstract

L’attuale classificazione dell’OMS [1] divide le MGF in quattro diversi tipi: Tipo I che si riferisce alla rimozione del glande del clitoride e/o del prepuzio, tipo II che si riferisce alla resezione delle piccole labbra e/o del clitoride del glande con o senza resezione delle grandi labbra. Il tipo III si riferisce all’infibulazione e il tipo IV si riferisce a tutte le altre procedure dannose come punture, piercing, incisioni, raschiature e cauterizzazioni. Il Tipo III è ulteriormente suddiviso dall’OMS in Tipo IIIa (rimozione e riposizionamento delle piccole labbra) e Tipo IIIb (rimozione e riposizionamento delle grandi labbra). Tuttavia, all’interno di questa suddivisione non viene menzionato se il clitoride (il glande) sia stato danneggiato o lasciato intatto. Pertanto, sebbene questa classificazione offra già una base, sarebbe interessante un’ulteriore suddivisione delle mutilazioni di tipo III. Ciò includerebbe informazioni sull’integrità del glande del clitoride e del clitoride, per offrire alle donne che si sottopongono a defibulazione una panoramica diagnostica completa e la migliore scelta terapeutica per ripristinare la funzionalità e l’estetica dei propri genitali.

MGF di tipo III – “Infibulazione”

Questo tipo di mutilazione comporta la possibile escissione parziale o totale dei genitali esterni con sutura dei lembi sanguinolenti delle grandi o piccole labbra. Una conseguenza di ciò è che il vestibolo vulvare è ricoperto da una cicatrice che nasconde sia lo sbocco uretrale che l’ostio vaginale, spesso ridotti a un piccolo foro di pochi millimetri per l’emissione di urina e del flusso mestruale [2] . Attraverso l’intervento di defibulazione, eseguito utilizzando il laser o, più frequentemente, il bisturi o le forbici [3], la cicatrice viene aperta e il vestibolo vulvare, l’orifizio vaginale e il meato uretrale vengono esposti esternamente insieme alla possibile riesposizione del clitoride. Successivamente è possibile anche “ricostruire” parzialmente le grandi e le piccole labbra. La deinfibulazione è quindi indicata per ridurre la dispareunia, aumentare la funzione sessuale (facilitando la penetrazione durante i rapporti sessuali), consentire la normale minzione e un fisiologico deflusso del sangue mestruale, diminuire i rischi ostetrici e l’incidenza di parti cesarei, episiotomie e lacerazioni del perineo. Questa operazione consente anche di eseguire procedure mediche e chirurgiche (esami ginecologici, monitoraggio, cateterismo urinario, screening del cancro cervicale, ecografia transvaginale, chirurgia ginecologica di routine). L’intervento è anticipato e seguito da opportuna consulenza con la paziente (ed eventualmente con il suo partner) [2], alla quale vengono esposte le raccomandazioni per una completa riabilitazione psicosessuale e fisica, nonché l’enunciazione delle normative nazionali vigenti in materia di MGF. Quest’ ultimo passo è un momento essenziale di dialogo, cruciale per gettare le basi di quella che, potenzialmente, potrebbe rivelarsi una solida prevenzione per le generazioni future.

Nei paesi in cui le MGF sono diffuse, la richiesta di defibulazione viene fatta principalmente per due motivi: dopo il matrimonio, per consentire alle donne di avere rapporti sessuali e, al momento del parto, per consentire la nascita. Nel primo caso, è necessario che la pratica sia effettuata dallo sposo, o da un membro della famiglia femminile, utilizzando una lama o un coltello. In alcune comunità, ci si aspetta che il marito apra la vulva del novello sposo attraverso ripetuti tentativi di penetrazione. Dopo il parto, però, viene spesso richiesta una nuova infibulazione, con l’obiettivo di richiudere l’orifizio vaginale: i lembi vengono cuciti nuovamente insieme per ricreare una piccola apertura, spesso uguale a quella che esisteva prima del matrimonio. Il Royal College of Obstetricians and Gynecologists (RCOG) e la Society of Obstetricians and Gynecologists (SOCG) raccomandano ai medici di offrire la defibulazione alle donne che vivono con MGF di tipo III, rifiutando al contempo le richieste di reinfibulazione.

La defibulazione può essere eseguita in qualsiasi momento della vita della paziente, durante la gravidanza (preferibilmente nel secondo trimestre), durante il parto o durante un taglio cesareo. [4] Le più recenti revisioni sistematiche non mostrano differenze significative nell’esito tra la defibulazione eseguita prima del parto e quelle eseguite durante il parto. [6] Pertanto, data la mancanza di prove, si raccomanda agli operatori sanitari di valutare la tempistica dell’intervento in base alla possibilità locale di accesso alle strutture sanitarie e alla scelta del paziente di quando eseguire la defibulazione.

Quando l’operazione viene eseguita durante la gravidanza, si consiglia di eseguire la defibulazione nel secondo trimestre, in quanto vi è un rischio maggiore di aborto spontaneo nel primo trimestre e la paziente/famiglia può incolpare l’operazione per questo evento. [4]

Per quanto riguarda la deinfibulazione intrapartum, l’apertura dell’infibulazione è indicata nella prima fase di erogazione per un monitoraggio più efficace e un più semplice inserimento del catetere vescicale.

Per scegliere correttamente quando eseguire la defibulazione, la donna deve essere pienamente informata sui benefici di questa operazione. La minzione difficoltosa, le infezioni genito-urinarie ricorrenti, l’impossibilità di avere rapporti sessuali durante la gravidanza, sono problemi che vengono alleviati se si pratica la deinfibulazione prima del parto, e le pazienti devono essere informate al riguardo. [7]

La raccolta dell’anamnesi del paziente deve contenere informazioni riguardanti il tipo di mutilazione subita e le eventuali complicanze fisiche e/o psicologiche correlate. I sintomi urinari, ginecologici e psicosessuali dovrebbero essere studiati attraverso domande chiare, non stigmatizzanti, rispettose e sensibili alla cultura. Non tutte le donne sono consapevoli di aver subito una mutilazione e delle conseguenze che essa comporta. Alcune ragazze non sono consapevoli della connessione tra i sintomi che sperimentano e la circoncisione femminile, anzi, alcune condizioni sono considerate positivamente. Alcuni gruppi etnici, ad esempio, considerano l’ostruzione e la minzione lenta come normali, tranquille e femminili, mentre la minzione veloce è rumorosa, grossolana e maschile.

In alcune aree, l’infibulazione viene praticata dopo il parto o dopo lo stupro per ripristinare l’anatomia di una donna “vergine”, al fine di evitare l’esclusione sociale e preservare la possibilità di trovare un marito. Le esperienze, i significati e i ricordi riguardanti le MGF variano notevolmente e gli operatori sanitari devono essere consapevoli di queste differenze, in modo da evitare generalizzazioni e offrire un trattamento il più personalizzato possibile. Alcune donne hanno subito la MGF fin da giovanissime, tanto da non ricordare o non sapere di essere state mutilate; altre sono state operate in ambiente ospedaliero, e non hanno avvertito forti dolori. Altri considerano queste pratiche come normali, usuali e come riti che servono a renderle belle, pure e sposabili. Alcuni, al contrario, ricordano un senso di tradimento, paura e dolore associato a questi rituali, tanto da poter sviluppare depressione, ansia e disturbo da stress post-traumatico.

Molte delle donne sottoposte a MGF subiscono altri eventi traumatici, come stupri, matrimoni forzati, guerre e violenze durante i periodi di migrazione. Quando si propone un intervento chirurgico di defibulazione, l’operatore sanitario deve essere consapevole che il dolore operatorio e post-operatorio potrebbe portare alla memoria di eventi traumatici passati. Questo è il motivo per cui le linee guida attuali raccomandano il supporto psicologico per le pazienti in procinto di sottoporsi a trattamento chirurgico per MGF.

Il briefing pre-operatorio è fondamentale per descrivere l’intervento di defibulazione e il follow-up post-operatorio, ma anche per accogliere le aspettative, le paure e i dubbi della paziente e del suo partner. La deinfibulazione rappresenta un importante cambiamento culturale, anatomico, fisiologico e dell’immagine corporea. Per questo motivo può capitare che la donna debba riflettere prima di accettare l’operazione.

Per effettuare un briefing completo è necessario:
• Fornire informazioni sull’anatomia e sulla fisiologia prima e dopo l’operazione:
• Chiedere informazioni su eventuali convinzioni sulle MGF e su eventuali paure/dubbi sulla defibulazione;
• Sfatare falsi miti culturali
• Dare informazioni sul concetto di “verginità”: spiegare che la defibulazione non influisce sulla “verginità”;
• Spiegare che la defibulazione non allarga l’orifizio vaginale, ma elimina solo la cicatrice che lo ricopre, causa di una non corretta igiene dovuta al ristagno di urina e sangue mestruale;
• Spiegare che l’urina e il sangue mestruale escono da due diversi orifizi;
• Utilizzare disegni e spiegazioni comprensibili;
• Informare sul colore fisiologico della mucosa vaginale, che sarà chiaramente visibile dopo la defibulazione, poiché il rosa della mucosa contrasta con il colore scuro della pelle;
• Informare sull’aumento della velocità delle urine e del flusso mestruale dopo la defibulazione;
• Spiegare l’anatomia e la funzione del clitoride prima e dopo l’intervento chirurgico di defibulazione;
• Fornire informazioni sulla procedura:
• Spiegare le indicazioni e i benefici della defibulazione;
• Fornire dettagli sulla procedura chirurgica, sul follow-up e sulle possibili complicanze;
• Informare la paziente su come eseguire l’igiene locale, quali antidolorifici assumere, come evitare l’adesione spontanea delle labbra, quali controlli post-operatori dovrà eseguire, sulla presenza di suture/punti assorbibili, per quanto tempo è necessario astenersi dall’attività sessuale prima del pieno recupero;
• Fornire informazioni sull’anestesia, dopo averne discusso con l’anestesista
• Rassicurare che il dolore intra e post-operatorio della defibulazione non è così grave come quello sperimentato per l’infibulazione;
• Durante la gravidanza, discutere il momento opportuno per eseguire l’intervento chirurgico;
• Dare la possibilità alla paziente di scegliere se eseguire l’operazione in gravidanza o durante il parto;
• Dare tempo alla riflessione prima dell’operazione;
• Fornire il consenso informato;
• Far firmare il consenso informato.

In caso di barriere linguistiche, è necessario contattare un interprete o un mediatore culturale che garantisca una comunicazione e una comprensione efficaci delle informazioni. Per motivi culturali, alcune ragazze/donne potrebbero rifiutarsi di avere un interprete. La soluzione è scegliere un interprete selezionato dal paziente o utilizzare mezzi di traduzione alternativi (telefono).

Se la ragazza lo richiede, il suo partner o altri membri della famiglia possono partecipare al debriefing.

La comunicazione tra operatori sanitari e donne rappresenta un punto centrale per il successo della riabilitazione psicofisica: è importante che la donna non abbia un’esperienza traumatica della nuova realtà, e che questa non le appaia completamente diversa, anche rispetto alle acquisizioni percettive del passato. Per questi motivi è di fondamentale importanza la spiegazione di come apparirà la vulva nel post-operatorio, di come varierà l’escrezione di urina in termini di getto e suono, della nuova sessualità che sarà sul punto di sperimentare. Può essere utile utilizzare database multimediali sulla struttura fisiologica della vulva come, ad esempio, The Labia Library (www.labialbrary.org.au). Inoltre, sempre nell’ottica di rendere il processo di cambiamento il più fluido possibile e senza difficoltà, il supporto e il coinvolgimento del partner giocano un ruolo primario.

Come già analizzato in precedenza, le MGF sono accompagnate da rischi ostetrici come l’aumento dell’incidenza di parti cesarei, emorragie post-partum e l’uso di episiotomie

Una revisione sistematica condotta nel 2017 (6 ) ha dimostrato che la deinfibulazione è associata a una riduzione della probabilità di parto cesareo e di emorragia post-partum. Rispetto alle donne non tagliate, le donne sottoposte a defibulazione non hanno aumentato la probabilità di travaglio prolungato, lacerazioni del tratto genitale, sanguinamento, punteggi Apgar più bassi o ricoveri materni più lunghi. Nel loro insieme, questi risultati evidenziano i potenziali benefici della chirurgia della defibulazione.

Per quanto riguarda la scelta del momento migliore per procedere alla defibulazione nelle donne in gravidanza, la letteratura presenta alcune criticità nel dare una risposta univoca e, di conseguenza, indicazioni precise. L’intervento può avvenire nel periodo preconcezionale, ante partum o intrapartum.

Una revisione della letteratura volta a cercare le migliori indicazioni per quanto riguarda i tempi di deinfibulazione ha concluso che attualmente non vi è alcuna prova di una differenza tra deinfibulazione antepartum e intrapartum. Tuttavia, sebbene i risultati non mostrino differenze statisticamente significative, se venisse eseguita l’infibulazione antepartum, alla donna verrebbe dato il tempo necessario per guarire prima del parto, abituandosi alla sua nuova immagine corporea. Quando l’intervento viene eseguito durante il travaglio, di solito è nella seconda fase (quando la testa del bambino si muove lungo il canale del parto). La decisione in merito alla necessità di un’episiotomia mediolaterale deve essere considerata dopo la rimozione delle aderenze: viene praticata nell’ottica di ridurre la tensione su un tessuto con un grado di distensione decisamente ridotto data l’estensione del processo cicatriziale. Per questi motivi, a volte sono necessarie episiotomie bilaterali, procedendo con la previsione di evitare tagli nella linea mediana che potrebbero dare origine o peggiorare patologie (magari già croniche) come l’incontinenza o l’insorgenza di fistole dovute a traumi anorettali. In alcuni casi, la defibulazione può essere necessaria nella prima fase del travaglio o per consentire l’induzione del travaglio e, in questo caso, può essere eseguita con anestesia locale.
Tuttavia, ci sono fattori critici da prendere in considerazione quando si decide la tempistica dell’intervento.

1. Preferenza della donna: le donne dovrebbero essere consultate sulle loro preferenze. Ad esempio, se una donna attribuisce grande importanza ai risultati cosmetici postoperatori, la deinfibulazione antepartum dovrebbe essere preferita per consentire un tempo di guarigione adeguato e risultati cosmetici ottimali.

2. Accesso alle strutture sanitarie: in contesti in cui le donne possono incontrare ritardi involontari nel raggiungere le strutture sanitarie a causa di difficoltà di accesso (ad esempio in contesti in cui sono sole, senza parenti che possano accompagnarle o tenere gli altri bambini e in caso di barriera linguistica), dovrebbe essere la deinfibulazione ante partum.

3. Luogo di nascita: dato che l’intervento deve essere effettuato da un operatore sanitario qualificato, in contesti in cui i parti domiciliari sono frequenti, deve essere preferita la defibulazione ante partum. Lo stesso vale per i contesti in cui la struttura sanitaria ha un elevato carico di pazienti e carenza di personale.

4. Livello di abilità degli operatori sanitari: condizioni anatomiche come edema tissutale e distorsione durante il travaglio possono creare difficoltà ai professionisti inesperti che eseguono la de-infibulazione intrapartum. In questo caso, la defibulazione antepartum dovrebbe essere preferita. In ambienti con professionisti esperti e ben addestrati, la defibulazione intrapartum può essere considerata una procedura accettabile.

Tecniche chirurgiche

La deinfibulazione è l’intervento chirurgico che può essere proposto alle donne affette da mutilazione genitale di tipo III (infibulazione).

Le mutilazioni di tipo III variano a seconda del tipo di danno vulvare, se vi è escissione del clitoride, apposizione delle piccole labbra (IIIa) e/o grandi labbra (IIIb). La cicatrice da infibulazione può essere più o meno aderente ai tessuti più profondi: è quindi utile ispezionare e palpare la ferita. Il clitoride o ciò che ne rimane può essere più o meno visibile. A seconda delle dimensioni dell’orifizio, una sonda o un dito vengono inseriti sotto la cicatrice per valutare le aderenze del tessuto sottostante. Se la larghezza dell’orifizio vaginale lo consente o se sono stati effettuati rapporti sessuali con penetrazione vaginale, è possibile effettuare l’esame con lo speculum. [3] La cartella clinica del paziente deve contenere tutti i risultati clinici insieme a una foto dei genitali esterni (previo consenso del paziente).

Le linee guida dell’OMS raccomandano di applicare l’anestesia durante la defibulazione. Viene praticata in anestesia locale, regionale o generale, a seconda del luogo in cui viene eseguita, delle risorse disponibili e della scelta della donna e del chirurgo. In caso di anestesia locale, da 1 a 2 ml di lidocaina all’1% vengono iniettati lungo la cicatrice dell’incisione, uno strato spesso di lidocaina al 2,5% o crema di prilocaina al 2,5% viene applicato sulla stessa area da 1 a 5 ore prima dell’iniezione. L’anestesia generale viene erogata tramite maschera laringea.

La deinfibulazione può essere eseguita in regime ambulatoriale con anestesia locale o in day surgery con anestesia spinale o generale.

Un recupero completo si ottiene in 3-4 settimane, è quindi necessario astenersi dai rapporti sessuali durante quel periodo. Possibili complicanze postoperatorie possono essere sanguinamento minimo e lesioni all’uretra e al clitoride, infezione della ferita chirurgica, adesione spontanea delle labbra (specialmente nella parte superiore dell’incisione chirurgica) e infezioni urinarie. L’adesione spontanea delle labbra avviene generalmente nei primi 7-10 giorni dopo l’intervento. È quindi necessario informare il paziente su come eseguire l’igiene locale della vulva e delle labbra (almeno 3 volte al giorno) per evitare l’adesione. In caso di adesione spontanea delle labbra a partire dal settimo giorno postoperatorio, è necessario rimuovere l’adesione applicando l’anestesia locale con l’applicazione di una crema a base di lidocaina 2,5% e prilocaina 2,5%, oppure mediante iniezione di lidocaina 1%. Prescrivere antidolorifici (ad es. paracetamolo e ibuprofene) se necessario. Una buona idratazione e la minzione sotto un getto d’acqua possono alleviare la sensazione di bruciore causata dal passaggio dell’urina sulla ferita.

Le visite di follow-up post-operatorie devono essere programmate, una settimana e un mese dopo l’intervento chirurgico, per esaminare lo stato della vulva e discutere i cambiamenti fisiologici (ad esempio la minzione) e le sensazioni provate. Nella defibulazione intrapartum, alcune complicanze possono verificarsi per motivi ostetrici e non per l’operazione stessa; queste differenze devono essere spiegate al paziente. L’incontinenza e altre complicanze del pavimento pelvico devono essere trattate in modo appropriato. Il dolore riduce anche il rischio di taglio cesareo.

COMPLICAZIONI

Secondo recenti revisioni sistematiche, le donne sottoposte a defibulazione hanno manifestato sintomi minori, come infezioni delle ferite, infezioni del tratto urinario e aderenze spontanee delle labbra. [9] Altre complicazioni possono includere lesioni dell’uretra o del clitoride residuo, irregolarità delle labbra dopo l’intervento chirurgico e lesioni della testa fetale se l’intervento viene eseguito durante il travaglio.

Se la defibulazione viene eseguita in anestesia locale, alcune donne riferiscono di aver subito nuovamente il trauma della mutilazione [10] .

RICOSTRUZIONE CLITORIDEA

La ricostruzione del clitoride (CR) è stata oggetto di diversi studi negli ultimi anni, principalmente in campo medico. Le donne con mutilazione genitale femminile ricorrono alla chirurgia ricostruttiva del clitoride per migliorare il loro benessere sessuale, ma anche a causa dell’alterazione del corpo e dell’immagine di sé dovuta alle MGF. Per alcune donne, eseguire la defibulazione da sola non soddisfa la necessità di ottenere un miglioramento della sensibilità del clitoride e il ripristino di un aspetto anatomico il più normale possibile. Per quanto riguarda la ricostruzione del clitoride e la crescente richiesta di questa pratica, sia le linee guida dell’OMS CHE quelle del Royal College of Obstetrics and Gynecologists sconsigliano questo tipo di intervento a causa della mancanza di prove sulla sua reale efficacia e sulle potenziali complicanze, mentre altre pubblicazioni hanno dimostrato un vantaggio della ricostruzione chirurgica del clitoride [7-22]. La CR consiste nel rimuovere la cicatrice cutanea e periclitorale della mutilazione genitale, ri-esponendo il corpo del clitoride in una posizione più accessibile e visibile. La CR può essere eseguita per diversi motivi come dolore clitorideo spontaneo o provocato, dispareunia superficiale, ragioni estetiche, ragioni psicosociali e disfunzioni sessuali legate alla MGF. La CR dovrebbe, in sostanza, supportare le donne con MGF nella ricostruzione della loro immagine corporea e migliorare il loro rapporto con il loro corpo e la loro sessualità, ma attualmente non ci sono solide raccomandazioni a sostegno della CR da parte delle principali società scientifiche.

Allo stato attuale, non è possibile garantire in che misura la ricostruzione del clitoride possa essere considerata vantaggiosa per ogni donna, ma può certamente essere offerta in contesti appropriati alle donne che ne fanno richiesta, dopo un’adeguata consulenza.

Nelle donne con dolore vulvare cronico pre- e post-defibulazione, deve essere considerata l’eventuale presenza di cisti, neuromi, briglie o aderenze e questi devono essere trattati chirurgicamente in caso di disfunzione sessuale o patologie associate.

Anche la presenza di vulvodinia deve essere presa in considerazione e queste donne devono essere indirizzate a centri multidisciplinari in grado di prendersi cura del paziente per tutte le aree della sfera sessuale e riproduttiva. [27]

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Note

1
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2
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